di Silvano Ventura – direzione@viveresostenibile.net
Partiamo da qui: dallo spreco. Lo spreco, secondo la Treccani, è un consumo eccessivo, in quantità più che abbondante (attenzione, non in quantità più che sufficiente!). Qualcosa di inutile, eccessivo. Di “mandato in malora”!
Purtroppo, lo spreco, fa parte del nostro quotidiano, della nostra Società del “sovra-consumo” e della “sovra-produzione”: una Società dell’Avere, anzi dello “Sprecare” e non certo dell’Essere.

Vorrei provare a immaginare insieme a voi, in che modo impatta il nostro spreco su noi stessi, sull’ambiente e sulla società.
Tutto parte dalla nostra insaziabile voglia di possedere “cose”, continuamente stimolata e sollecitata da messaggi pubblicitari, sempre più calzati addosso ai nostri interessi che, ormai, in particolare grazie allo smartphone che abbiamo tutti in tasca, ci raggiungono ovunque e in ogni momento. E questo è funzionale a questa Società del “sovraconsumo”, che può reggere solo se continuiamo a consumare e a far crescere il PIL.
La cosa, che non si dice mai perché fa arrabbiare tantissimo tutti, dai politici alle associazioni di categoria degli imprenditori, ai sindacati è: iniziamo ad acquistare meno! Tutte le volte che si parla di acquistare meno, di una qualsiasi merce, ecco che partono gli strali dei sostenitori della crescita (quasi tutti), a parte una piccola fetta di Società composta da gente di “buonsenso” e un gruppo di pensatori illuminati, ben rappresentati in Italia da movimenti come quello della Decrescita Felice, fondato da Maurizio Pallante.
“Ma come acquistare e consumare meno? E il PIL, la crescita, l’economia, l’occupazione, il lavoro?”
Nel sistema dei valori su cui si fondano le società industriali, l’aumento della quantità di merce prodotta e commercializzata (PIL), continua a identificarsi con l’aumento del benessere. Le guerre per il controllo delle risorse del pianeta, lo scioglimento dei ghiacciai, l’innalzamento del livello dei mari e i cambiamenti climatici, le malattie causate dall’inquinamento, sono tutte conseguenze dell’incremento dell’utilizzo di fonti fossili, (petrolio, gas, carbone, ecc) necessari a sostenere la crescita della produzione e dei consumi. Questo genere di crescita, non è più sostenibile e finalmente anche gran parte dei governi mondiali stanno attuando, spesso troppo timidamente e in modo contraddittorio, politiche per andare verso un nuovo modello di sviluppo più sostenibile per il Pianeta e per chi lo abita. E non mi riferisco solo all’Umanità, ma a tutti gli organismi viventi.

Noi fortunati, nati nel “nord del Mondo”, consumiamo l’80% delle risorse del Pianeta, ma siamo solo il 20% degli abitanti della Terra. Questo significa che il rimanente 80% di umanità (oltre 5,5 MLD di persone), se la passa tra la sopravvivenza e la povertà, fino a circa 1 MLD di loro, che sono derelitti, senza acqua e cibo sufficiente quotidiano.
La concentrazione della ricchezza che si è sviluppata in modo esponenziale negli ultimi decenni, ha portato a situazioni di squilibrio mostruoso e ora, una manciata di super-ricchi, può contare sulla stessa ricchezza a disposizione dell’intera popolazione del continente africano.
Ma oltre a una ridistribuzione più equa delle risorse globali e della concentrazione della ricchezza, a mio parere realizzabile solo con leggi e normative che impongano ad esempio una tassazione locale dei redditi realizzati dai grandi colossi del web (pari a quella degli altri operatori economici), o con una “sollevazione planetaria” della gente comune (vedi i ragazzi del Friday For Future), dobbiamo anche cambiare mentalità per sperare davvero di cambiare in meglio il mondo.
Nel paradigma culturale della nostra società, l’indicatore della ricchezza è il denaro. Ma se diamo per acquisito che, si è tanto più ricchi quanto maggiore è la quantità di merci che si possono acquistare, sappiamo anche che all’aumentare delle “cose” che abbiamo acquistato, non aumenta proporzionalmente la nostra felicità.
A metà degli anni ’70 del secolo scorso, il filosofo Erich Fromm dava alle stampe quello che è per me stato un libro fondamentale nella mia formazione, “Avere o Essere”. In quel libro, tra tanti illuminanti concetti, si legge:
“Gli idoli dell’uomo moderno avido, alienato, sono la produzione, il consumo, la tecnologia, lo sfruttamento della natura. Quanto più ricchi sono i suoi idoli, tanto più l’uomo si impoverisce. Invece della gioia egli va in cerca di piacere e di eccitamento; invece di crescere cerca possesso e potere; invece di essere, egli persegue avere e sfruttamento; invece di ciò che è vivo sceglie ciò che è morto.”
E allora non mi resta che rispondere che ridurre i consumi e ragionare su ciò che acquistiamo, non farà bene al PIL, ma lo fa sicuramente alla nostra salute, fisica e psichica, al nostro tempo, alla Pace nel Mondo, ai nostri rapporti sociali e relazioni personali, alle nostre comunità, ai nostri territori e alle risorse di tutto il nostro Pianeta, a noi stessi e ultimo, ma non ultimo, al nostro portafoglio.
Perché se consumiamo meno e in modo più razionale e intelligente, se non sprechiamo, se auto-produciamo qualcosa che consumiamo (ad esempio un po’ di verdura in un piccolo orto), se riattiviamo relazioni, magari scambiandosi oggetti che non ci servono o competenze, se riusiamo e ricicliamo gli oggetti con fantasia e creatività, forse avremo bisogno di spendere meno e quindi di lavorare meno.
Non nego di certo, che almeno in una parte del mondo (la nostra…), gli ultimi 60 anni di questo modello di sviluppo, abbia creato anche una forma di benessere diffuso, ma da tempo il modello si è rotto e i problemi superano di gran lunga i benefici. Delle conseguenze dei problemi che impattano sull’ambiente e sulle persone, non ci importa. L’importante è consumare come se non ci fosse un domani, senza pensare a cosa potrà accadere ed evitando di pensare a ciò che già accade, se non ci tocca personalmente!
Cambiare rotta è diventato necessario. Anzi: indispensabile! Il nostro sistema di consumo, organizzato in modo lineare, nelle fasi di reperimento della materia prima, trasformazione e commercializzazione, uso e smaltimento, genera: inquinamento, sfruttamento indiscriminato di persone e territori, disparità sociali, surriscaldamento dell’atmosfera e cambiamento climatico, malattie fisiche e mentali e alla fine… spazzatura da bruciare o da smaltire in discariche più o meno autorizzate. Una linea dritta, dove l’unico obiettivo è il profitto, in genere ad appannaggio di pochi, generato in ogni passaggio della fase della catena produttiva. Anche le Istituzioni europee e gli Stati di tutto il mondo, stanno incentivando processi e produzioni e varando leggi e normative, in direzione di un’economia circolare, rispettosa delle risorse e dell’ambiente.
Noi cittadini, dobbiamo modificare le nostre “cattive abitudini” e sostituirle con delle nuove, meno impattanti sull’ambiente. Non si tratta solo di sostituire il SUV con l’auto ibrida, ma di andare di più in bicicletta, lasciando l’auto in garage. E ancora, non di comprare solo le offerte 3X2 al supermercato, ma di consumare il più possibile prodotti biologici e naturali, a km zero!
Quest’anno, a Natale, facciamo un regalo bellissimo anche alla Terra e al futuro di tutti: non sprechiamo!