Decrescita e solidarietà, la nuova economia del buonsenso

di Silvano Ventura – direzione@viveresostenibile.net

Da tempo si è aperto il dibattito sulla necessità, a mio parere improrogabile, di archiviare definitivamente il PIL, come indice di benessere e di sviluppo della nostra società. Non mi dilungherò sui numerosissimi esempi di quanto sia fallimentare questo tipo di misurazione per definire e descrivere la felicità e il benessere di una Comunità o di uno Stato, ma invito tutti a guardarsi intorno e a verificare le condizioni economiche, sociali, ambientali, culturali nelle quali viviamo a distanza di una cinquantina di anni dall’assunzione del PIL come indice di sviluppo. Il PIL serve a quantificare, in termini monetari, le quantità di merci scambiate. E’ un indice matematico e non fa alcuna differenza tra merci e beni. Semplificando: le merci sono “oggetti o servizi che si acquistano scambiandoli con denaro”, mentre i beni sono “oggetti o sefvizi che rispondono a un bisogno”. Serge Latouche e Maurizio Pallante, filosofi e pensatori del movimento della decrescita, sostengono che “esistono beni che non sono merci e merci che non sono beni”. Proviamo a capire questa distinzione con un esempio: una casa coibentata male, che disperde calore e che spreca più energia per essere riscaldata è positva per l’economia, infatti consumerà più merce-carburante e questo farà crescere il PIL. Tutto questo nuocerà all’ambiente e alla salute, in quanto farà aumentare l’inquinamento e le malattie da esso derivanti e qui viene “il bello”… L’aumento delle bronchiti, delle infiammazioni respiratorie e magari di patologie ancora più gravi, farà vendere più farmaci, aumentare i ricoveri e tutti i costi economici e sociali conseguenti. Il PIL aumenterà ancora! Domanda: tutto questo ci avrà reso più felici? Sarà aumentato il nostro benessere? NO! Eppure da decenni ci dicono che per stare meglio, il PIL deve aumentare e ancora oggi questo è il “mantra” che ci ripetono come via d’uscita dalla crisi. Al contrario, la stessa casa ristrutturata e coimbentata con cura, utilizzando materiale naturale e ricilabile a fine vita, riscaldata con metodi attenti ai consumi e all’impatto ambientale, offrirà molteplici vantaggi. In fase di ristrutturazione, darà lavoro a molte persone, distribuendo ricchezza sul territorio e la comunità. Una volta sistemata, consumerà molto meno carburante, l’impatto ambientale sarà minimo e non inquinando non avrà impatti negativi sulla salute. Consumerà meno merce-carburante, meno merce-medicine, ecc. Tutto questo farà calare il PIL, o meglio non lo farà crescere, Forse questo sarà un male per l’economia tradizionale, ma farà aumentare il benessere di tutta la comunità! E’ chiaro che non è più vantaggioso, nemmeno economicamente, rimanere attaccati al pensiero economico più largamente diffuso e all’equazione “aumento del PIL= aumento del benessere” e inoltre non è nemmeno più possibile dal punto di vista ambientale. Il modello di Società basato sulla crescita infinita non tiene conto della limitatezza delle risorse naturali e ormai tutte le risorse ambientali a nostra disposizione, ad iniziare dal petrolio, dall’acqua, dal suolo, dalla biodiversità, dai metalli, ecc. sono sempre più scarsi. E’ chiaro quindi che una crescita infinita non è possibile su un pianeta finito quindi, essendo l’uomo naturalmente portato all’ingegno, è giunto il momento di trovare nuove soluzioni e di sperimentare nuovi stili di vita, lavorando per un economia del buonsenso e per un futuro sostenibile.